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GLI EFFETTI DELL’ INQUINAMENTO SULLE PIANTE

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DESCRIZIONE DEL FENOMENO

L’inquinamento atmosferico è uno dei principali problemi ambientali in Europa. L’effetto serra , l’assottigliamento della fascia di ozono, le piogge acide sono argomenti che ormai vengono trattati da tutti i mezzi di informazione. Pero’ la soluzione a tali problemi ambientali è ancora lontana.
EFFETTI SUGLI ORGANISMI VEGETALI
vegetali.jpg (23815 byte)Le piante sono tra gli organismi più a rischio a causa dell’inquinamento atmosferico e marino. In particolare sono molto sensibili all’inquinamento atmosferico le graminacee ( importanti per l’alimentazione), tabacco, erba medica, e loglio. Ecco perché sono usate come bio-indicatori ambientali.Inoltre sono stati riscontrati notevoli effetti nocivi anche sulle piante ad alto fusto quali l’abete bianco a partire dagli anni settanta ,l’abete rosso , il pino e il faggio fin dal 1982 e il castagno ,  la roverella , il tasso , il tiglio , il noce , il salice , il pino marittimo , l’acero , il ciliegio e i frassini a partire dal 1984. Queste piante sono presenti anche a Vallombrosa e vedremo più avanti gli effetti dell’inquinamento su tali organismi.Tra gli effetti dell’inquinamento ci sono quelli causati dall’ozono, il cui danno tipico sulle piante è costituito da piccoli puntini necrotici di colore che va dal bianco al nero.Mentre si è potuto costatare che attraverso l’impiego di piogge acide simulate le deposizioni acide possono avere effetti diretti ed indiretti sulla vegetazione.
EFFETTI DIRETTI
Ad esempio si sono verificati danni alle strutture superficiali di protezione come le cuticole , facilitazione agli attacchi parassitari, e soprattutto un notevole disturbo del normale metabolismo e dei processi di crescita con diminuzione della fotosintesi, respirazione alterata e precoce senescenza delle foglie e anche una interferenza nei processi di riproduzione sessuata e diminuzione della vitalità del polline.
EFFETTI INDIRETTI

Tra i tanti effetti, i più importanti sono un aumento notevole della suscettibilità alla siccità e ad altri fattori ambientali avversi e un accelerato lisciviamento delle sostanze dagli organi fogliari. Nel febbraio 1984 in Toscana fu fatta un’analisi sulla qualità delle piogge. Furono poste alcune stazioni di campionamento ( una a Firenze periferia e nel centro , a San Rossore e a Vallombrosa in località scoperta e al riparo di un ‘abetina).La stazione di Vallombrosa è posta sulla dorsale del Pratomagno che divide il Casentino dal Valdarno superiore e precisamente all’interno della Riserva Biogenetica gestita dal Corpo Forestale dello Stato. A Vallombrosa si riscontrò che tutte le piogge avevano un pH intorno a 4 contrariamente a quanto ci si aspettava essendo una zona montana e ciò costituisce un ulteriore indice del trasporto di inquinanti da regioni assai lontane. A questo valore di pH e ad un alto contenuto di alluminio nelle radici esse si riducono enormemente, si atrofizzano ed in qualche caso muoiono.In generale l’acidità risulta superiore di 10 volte a quella normale , in quanto la scala del pH ha un andamento logaritmico. Un’acidità maggiore è stata riscontrata nelle nebbie a causa dei venti da ovest che trasportano sodio , cloro e magnesio e sostanze tensioattive ( detersivi ) veicolati dall’aerosol marino.

IL BIOMONITORAGGIO
In questi ultimi anni è stato trovato un nuovo modo per controllare le dinamiche spazio-temporali dell’inquinamento atmosferico. Nel periodo 95-97 la commissione europea ha dato il via ad un progetto pilota sull’uso di piante come bio-indicatori a cui hanno partecipato otto città europee tra cui Firenze. Il progetto sviluppato a Firenze ha permesso il monitoraggio di ozono, metalli in traccia (Pb, Cr, Fe e Ni) e cloro.
Il monitoraggio di inquinamento, cioè la prima misura nel tempo e nello spazio della loro presenza, costituisce la stadio iniziale dello studio dei loro effetti sull’ambiente. Le apparecchiature per il monitoraggio vengono istallate nel centro urbano ,dal momento che necessitano di energia elettrica e i costi di manutenzione sono elevati. Inoltre le misurazioni che esse forniscono anche se sono precise ed affidabili , hanno un carattere puntiforme nel tempo e nello spazio .
A causa di queste motivazioni le misure risultano non sempre adeguate a soddisfare l’esigenza di effettuare valutazioni sull’inquinamento atmosferico in ampi territori e per periodi di tempo lunghi. Ma siccome gli effetti sugli organismi viventi sono influenzati da fenomeni non rilevabili con queste apparecchiature è nata la necessità di usare dei test biologici ( biomonitoraggio) che considerino i parametri legati agli organismi viventi (bio-indicatori). I bio-indicatori sono molto sensibili all’effetto sinergico dei diversi inquinanti presenti nell’atmosfera, e ci permettono di studiare una porzione molto ampia di territorio.
A Firenze, infatti, è stato fatto il biomonitoraggio previsto nel progetto pilota con indicatori biologici che permette di ottenere informazioni sulla situazione ambientale di vaste aree geografiche con moderate spese.
licheni.jpg (27597 byte)I migliori bio-indicatori della qualità dell’aria sono considerati i licheni epifiti
( cioè quelli che vivono sulla corteccia degli alberi ) in virtù di alcune peculiarità fisiologiche ed ecologiche che li contraddistinguono:

- lungo ciclo vitale e scarsa mobilità
- sono molto sensibili agli agenti inquinanti
- ampia diffusione nel territorio in esame
- dipendono per la loro nutrizione dall’atmosfera assorbendo cationi dall’acqua piovana e dall’umidità atmosferica
- sono privi di stomi e cuticola e perciò capaci di assorbire sostanze attraverso tutta la superficie del tallo
- hanno un ciclo biologico lungo ed un lento accrescimento ed incapacità di eliminare parti vecchie o contaminate
- la loro resistenza alle basse temperature ed allo stress idrico permette loro di essere attivi anche nei periodi invernali ed estivi, quando i livelli di inquinamento atmosferico sono in genere più elevati.

biomonfir.jpg (25386 byte)Nel 1866, infatti, si usarono per la prima volta i licheni come bio-indicatori ambientali. La loro scomparsa in alcune aree extraurbane fu indice di una contaminazione dell’atmosfera da parte di un certo numero di inquinanti (specie SO2) e si verificarono alcune conseguenze tra le quali : riduzione della fotosintesi, della fertilità e del numero totale di specie, alterazione della comunità lichenica e della forma e del colore del tallo.Lo scopo dello studio è determinare la presenza nell’aria di uno specifico inquinante quale ozono e metalli in tracce di origine antropica cioè causati dalle attività industriali, Questi bio-indicatori in generale si possono distinguere in piante indicatrici ed accumulatrici. Le piante indicatrici reagiscono alla presenza di una certa concentrazione d’inquinante per questo si formano danni visibili che possono andare da variazioni del loro sviluppo, fino alla clorosi (mancanza di clorofilla) oppure fino alla necrosi (lesioni del mesofillo fogliare). La pianta indicatrice usata a Firenze è stato la Nicotiana tabacum. Invece le piante accumulatrici servono per accumulare alcuni inquinanti, quali fluoruri e metalli pesanti. A Firenze la pianta accumulatrice usata è stata la Lolium multiflorum una comune graminacea.ozobiomonit.jpg (27238 byte)
 A Firenze sono state installate dieci stazioni di monitoraggio. Ogni stazione è stata equipaggiata con piante bioindicatrici di ozono (5 Nicotiana Tabacum L Bel W3 e 3 Tabacum L Bel B), di anidride solforica ( Medicago Sativa L) e bioaccumulatrici (Lolium multiflorum). Ogni set di piante è rimasto in campo per quattro settimane e poi è stato sostituito con uno nuovo. Il periodo esaminato è stato tra il 23 maggio e il 16 ottobre del '96. Le stazioni sono state visitate settimanalmente per la valutazione del danno fogliare. Il danno tipico da ozono è stato valutato secondo categorie percentuali codificati da zero ( nessun danno ) a 8 (>- 40% della superficie della foglia coperta da necrosi) . Poi dai dati di danno fogliare è stato calcolato l'indice di danno sfogliare. I sintomi attribuibili ad ozono si sono manifestati sulle piante ozono sensibili Bel W3 dopo 48-72 ore dall'esposizione all'aria ambientale. Le concentrazioni di ozono sono state misurate poi da 3 analizzatori automatici in prossimità dei siti di Novoli, Settignano e via di Bastioni. Il valore più elevato è stato registrato a Settignano (ca. 390 g/m3). Il biomonitoraggio è continuato negli anni seguenti: è stato studiato un modello matematico predittivo di concentrazione di ozono, nel 1998, che,combinando i dati dei bioindicatori  con quelli dei computers, ha evidenziato le zone di attenzione più importanti (vedi tabella a lato - da Rapporto sull'ambiente Prov. FI '99).
Per i metalli pesanti invece sono usate le piante accumulatrici. In particolare è stata scelta una graminacea, la Lolium multiflorum. I metalli pesanti sono metalli quali Cadmio, Mercurio, Zinco, Cromo, Nichel e Manganese. Tali metalli vengono prodotti dall'incenerimento dei rifiuti solidi urbani e varie attività industriali. Il piombo invece deriva dalla combustione di carburanti contenenti additivi al piombo. Esso è molto tossico per gli animali che assumono piombo in forma diretta ed indiretta. Infatti, essendo una graminacea viene ingerita dagli animali che rimangono avvelenati in quanto tale pianta accumula i metalli pesanti.Oltre ad ingerirli però i metalli possono essere anche respirati sotto forma di polveri atmosferiche.Mensilmente è stato effettuato il prelievo dei campioni di Lolium. Successivamente sono stati aggiunti a 0,7 g di peso fresco del campione (precedentemente sminuzzato) 1,5 ml di acido nitrico concentrato e 0,5 ml di acqua ossigenata.Poi l'omogenato è stato disgregato con l'apparecchio a microonde e portato a 15 ml con acqua bidistillata. A questo punto si è fatto l'analisi.
biomonit2.jpg (37332 byte)Dai risultati ottenuti si può dire che la maggiore concentrazione dei metalli si ha nel centro cittadino. Tale concentrazione va da 6 a 8 mg/l. La campagna di monitoraggio effettuata a Firenze ha fornito numerose informazioni.
Si conferma quindi il monitoraggio biologico un metodo poco costoso ed efficiente per scoprire il tipo di inquinanti presenti e quindi anche per sapere come agire e dove sugli agenti inquinanti.

EFFETTI DI ALTRI INQUINANTI
Da altri studi più specifici ( per quanto riguarda le piante) è stato notato che l’anidride solforosa penetra nelle foglie attraverso le aperture degli stomi e poi da qui trasmessa al resto del tessuto che l’assorbe e dopo viene trasformata dalle cellule in acido solforico e solfiti e poi ulteriormente ossidati a solfati , la forma nella quale lo zolfo viene metabolizzato dalle piante. Le alterazioni da anidride solforosa si manifestano sulle foglie prevalentemente sotto forma di decolorazione o imbrunimento dei tessuti.Per quanto riguarda gli effetti sulla riproduzione , è stato rilevato che l’esposizione ad anidride solforosa nella concentrazione di 0,3 ppm per un’ora inibisce la germinazione del polline e l’accrescimento del tubetto pollinico (attraverso cui i gameti maschili raggiungono quelli femminili per la fecondazione.La tolleranza all’anidride solforosa diminuisce in presenza di umidità relativa elevata , di acqua sulle foglie, di alte temperature, di intensa luminosità e di anzianità della pianta. L’inquinamento da biossido d’azoto viene considerato, invece, di minore importanza in quanto generalmente provoca danni alla vegetazione solo a livelli di concentrazione molto elevati rispetto a quelli dell’anidride solforosa.

EFFETTI DELL’INQUINAMENTO AEREO SUL TERRENO
Siccome le precipitazioni sono costituite dall’acqua evaporata dal terreno, se il suolo è inquinato anche l’acqua evaporata e quindi le piogge saranno inquinate. Tale inquinamento sarà causato dai diserbanti , pesticidi e i vari concimi artificiali che vengono usati nel settore primario, cioè nell’allevamento e nell’agricoltura, per migliorare il raccolto sia in quantità che in qualità. Inoltre ci sono altri due tipi di sostanze inquinanti che di per sé non sono pericolose ma che lo possono diventare dopo lungo tempo dalla sua emissione nell’ambiente . Queste sostanze sono cloroderivati organici ( insetticidi ) che si accumulano nell’ambiente e anticrittogamici a base di composti organici del mercurio. Le sostanze finora descritte possono contenere ioni cloruro, manganese, cadmio, cobalto, zinco oppure composti alifatici ,fenolici e benzocarbossilici (24%). Alcune volte possono contenere anche acidi aromatici e amminoacidi. Tutte queste sostanze hanno una costante di stabilità più elevata a valori di pH uguali a 5 perciò sarebbe opportuno lavorare in ambienti basici diminuendo quindi la stabilità di questi ioni. Attraverso le piogge acide , gli inquinanti acidi arrivano al suolo e se il terreno è ricco di carbonati l’apporto acido per tempi limitati non provoca danni in quanto viene neutralizzato ma per tempi lunghi potrebbe esaurire la capacità del terreno di mantenere costante il pH. In suoli poveri o privi di calcare ,gli inquinanti acidi determinano modificazioni dello scambio cationico con perdita di ioni calcio, magnesio, potassio e sodio e relativo impoverimento del terreno e con liberazione di ioni metallici che possono essere tossici per le piante. In particolare un forte abbassamento del pH è accompagnato dalla liberazione di composti tossici dell’alluminio.

biomonitval.jpg (14668 byte)FIG.1:MAPPA DELLA QUALITA' DELL'ARIA NEI PRESSI DELLA FORESTA DI VALLOMBROSA - CD PROVINCIA '99

 

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