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SMOG FOTOCHIMICO

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DESCRIZIONE DEL FENOMENO

inversterm.jpg (21742 byte)Cinque sostanze danno conto di circa il 98% dell’inquinamento atmosferico. Sono ossido di carbonio, gli ossidi di zolfo, gli idrocarburi, sostanze allo stato di particelle e gli ossidi di azoto; tra questi, gli ossidi di zolfo, incidono per circa il 18%. Spesso si fa distinzione tra due tipi di inquinamento. Il primo è caratterizzato dalla presenza dell’anidride solforosa ( caso di nostro interesse) e di fumo della combustione incompleta del carbone e da condizioni atmosferiche di nebbia e freddo. In ragione della sua natura chimica, questa situazione prende il nome di " tipo riducente di inquinamento". Il secondo è caratterizzato dalla presenza di idrocarburi, ossidi di azoto e ossidanti fotochimici; proviene dai gas di scarico delle automobili e si presenta soprattutto in aree dove la luce solare intensa innesca reazioni fotochimiche nelle masse di aria inquinata che vengono intrappolate dallo strato di inversione termica (nella FOTO, presa dal CD Prov.Fi '99). In ragione della sua natura, questa situazione è denominata 2° tipo ossidante di inquinamento o inquinamento atmosferico fotochimico. Episodi acuti di inquinamento atmosferico elevato possono rendersi responsabili di decessi e malattie. Ad ammalarsi e morire, in genere, sono soprattutto gli anziani, soprattutto se questi sono affetti da disturbi cardiaci o respiratori o da entrambi i tipi.  Nel 1952 a Londra si verificarono 4 giornate di smog eccezionale: per le sue conseguenze morirono circa 4000 persone.
Si può dire che l’inquinamento atmosferico di tipo riducente comporta danni alla salute che si manifestano nel breve termine. Sembra invece meno certo il nesso tra l’inquinamento di tipo ossidante fotochimico e episodi acuti di compromissione della salute; si sono riscontrate tuttavia correlazioni statisticamente significative tra concentrazioni di ossidanti nell’aria e ricoveri ospedalieri per manifestazioni allergiche, infiammazioni a carico degli occhi, infezioni delle vie aeree superiori, influenza e bronchiti.
Gran parte dei processi inquinanti che si sviluppano nell’atmosfera sono da attribuire alla interazione delle radiazioni elettromagnetiche (sotto forma di fotoni) con le molecole. Non sempre però questo tipo di interazione riesce a sviluppare fenomeni inquinanti, ciò avviene quando si vengono a creare condizioni particolari. Infatti solo le molecole che assorbono la radiazione di una particolare frequenza subiscono una reazione: l’entità di questa reazione è direttamente proporzionale al prodotto dell’intensità luminosa per il tempo di irraggiamento.
Questi processi fotochimici avvengono perché l’assorbimento di un fotone produce un’eccitazione della molecola, ossia una transizione a stati corrispondenti di livelli energetici superiori, cui corrisponde una maggiore reattività chimica . Tutto ciò permette a molecole chimicamente inerti di reagire o di accelerare processi che in condizioni normali si svolgerebbero lentamente. Rispetto alle reazioni termiche, quelle fotochimiche presentano il vantaggio della selettività: a una determinata frequenza della radiazione corrisponde una specifica reazione di una sostanza chimica. E’ però importante ricordare che la maggior parte delle sostanze chimiche non reagisce fotochimicamente perché la durata media dell’eccitazione delle molecole non è sufficientemente lunga da permettere la reazione; cosicché la molecola perde l’energia ceduta dalla radiazione, prima che la sua trasformazione abbia luogo.

MECCANISMO DELLE FOTOOSSIDAZIONI

traffic.jpg (12787 byte)Come  specificato i fenomeni chimici nell’atmosfera sono strettamente correlati con la fotochimica. I composti volatili che entrano in troposfera da fonti geologiche , antropiche e biologiche contengono elementi in forma ridotta rispetto agli stati di ossidazione termodinamicamente favoriti, ed è per questo che avvengono reazioni spontanee di ossidazione. Nell’atmosfera terrestre esistono infatti tantissime sostanze ossidanti; la più abbondante è senza dubbio l’ozono O3 seguito da sostanze in piccola concentrazione, ma più reattive, come i radicali OH e HO2, come l’ossigeno atomico O e l’ossigeno molecolare O2; di notte è attivo anche il radicale NO3.
Ora, poiché le radiazioni solari, nello scendere verso terra, perdono via via, strada facendo, le componenti a più alta energia, è evidente che i processi di fotolisi e fotodissociazione, cui esse danno luogo, saranno in funzione della quota. Così ad esempio, il protossido di azoto N2O si fotolizzerà ad azoto molecolare e ossigeno atomico soltanto ad alta quota, in stratosfera, perché sono necessarie radiazioni di lambda inferiore a 180 nm. Nei processi fotodissociativi si rompe un legame della molecola, e perciò la grandezza determinante è l’energia di legame; allora, se il fotone incidente possiede una energia maggiore di quella necessaria, può succedere che i frammenti vadano in uno stato elettronicamente eccitato. Per quanto riguarda i grandi fenomeni atmosferici, le radiazioni luminose entrano nell’atmosfera e generano fotoradicali, i quali interagiscono con il sistema NOx –CV(composti volatili)- ARIA, innescando processi che portano a uno smaltimento di questi composti a prodotti finali semplici; questi processi portano, oltre agli effetti positivi già citati, anche anomalie come fotosmog e accumulo di ossidanti, specialmente nei mesi caldi, aumento dell’ozono e deposizioni acide.
Grande importanza ha l’ozono in tutti i processi fotochimici; esso è infatti l’indicatore della presenza di tali reazioni, essendo talvolta prodotto e talvolta distrutto. Tali equilibri sono però influenzati anche dalla presenza di CFC, CH4, e N2O. Il principale ossidante troposferico, rimane comunque il radicale OH.
Spesso questo ciclo di reazioni che servono come detto a smaltire i prodotti inquinanti, possono avvenire o troppo velocemente o troppo lentamente:
a)Troppo veloce: i tempi di residenza atmosferica sono brevi; si ha una rapida degradazione e smaltimento degli inquinanti ma si avranno elevate concentrazioni di ossidanti prodotti e di fotosmog.
b)Troppo lento: oltre all’effetto di lunghi periodi di residenza in troposfera degli inquinanti, andrà considerato il pericolo che essi abbiano il tempo di diffondersi in stratosfera creando fenomeni di polluzione.
ciclosmog.jpg (7838 byte)Alle quote più basse lo smog fotochimico è costituito da una serie di reazioni che coinvolgono il biossido di azoto: questo insieme di 3 stadi di reazione costituisce un ciclo chiuso poiché ogni specie viene consumata e successivamente prodotta, e pertanto il danno è minimo.
Ma il ciclo viene aperto dalla presenza di idrocarburi e derivati e così si avvia la formazione dei fotossidanti ( fotosmog) che mostra l’accumulo di particolari prodotti in funzione dell’ora del giorno; questa produzione particolare è dovuta alle diverse costanti cinetiche e coefficienti di fotolisi, per ogni composto.
Infatti in presenza per esempio di metano avvengono reazioni, formate anche da 80 stadi che alterano l’equilibrio del ciclo.ciclosmog2.jpg (7746 byte)In questo caso si viene a formare un composto in grado di ossidare l’ossido di azoto a biossido.
Questo ha due effetti egualmente dannosi:
a)fa aumentare la concentrazione di biossido di azoto, molto più dannoso dell’ossido;
b)sottrae appunto l’ossido di azoto al suo ossidante naturale, l’ozono, facendone aumentare la concentrazione.
Questa serie di processi è soltanto una piccola e semplificata parte di quello che viene chiamato smog   fotochimico.

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